CAFFÈ, DRINK E RICORDI

L'AVELLINO DI UNA VOLTA RACCONTATA DALLO STORICO BARISTA GUIDO VALLIFUOCO.

Guido Vallifuoco

Cocktail sempre nuovi, caffè preparati in mille modi diversi ed ora anche la moda delle birre artigianali. Bar e locali sempre alla ricerca della novità da proporre, ma una volta? Guido Vallifuoco, storico barista di Avellino nonché fratello del noto artista Gennaro, manda indietro il nastro dei ricordi. Ormai sulla soglia dei sessanta anni, Guido ha servito tazzine fumanti e drink a molti personaggi del capoluogo irpino e oggi, attraverso i suoi racconti, viene fuori anche un piccolo e piacevole spaccato dell’Avellino di un tempo.

Nomi illustri, volti caratteristici, liquori e bevande ormai sconosciute e una buona dose di amarcord nelle parole di Guido, che oggi, coadiuvato dai figli Antonio ed Emilio e dalla moglie Pina, continua, nel suo bar di via Fratelli Del Gaudio, a preparare caffè ed aperitivi.

Avviato al mestiere di barista da Antoine Simbula, nel Ranch Bar, la fase più intensa della sua attività ha avuto luogo nel famoso Bar Cammino di Avellino, al Corso Vittorio Emanuele. Guido, con un velo di emozione, ricorda:

“Sono stato quasi dieci anni lì, dal 1981 al 1990. L’aperitivo era il Rabarbaro Zucca, ma si beveva anche il Rabarbaro San Pellegrino e non poteva mancare il Rosso Antico, detto anche “Pietro Nenni”, che è stato riproposto da poco. Lo chiedeva in genere Salvatore Ferrara, storico attacchino del Comune di Avellino. Poi c’era il famoso Biancosarti e l’immancabile Martini Dry, ancora molto richiesto”.

Il buongiorno con politici illustri ed intellettuali della città era un appuntamento pressoché fisso. “Fiorentino Sullo – prosegue Guido – non beveva alcolici, però, frequentava il Bar Cammino per la sua consueta colazione mattutina con caffè e sfogliata.

Poi c’era l’indimenticabile Peppino Pisano che si incontrava tutte le mattine col collega Pasquale Grasso per l’irrinunciabile tazza di caffè. Anche Nacchettino Aurigemma beveva solo caffè. Allora non esistevano zucchero di canna e dolcificanti ipocalorici né caffè al gusto di nocciola, cioccolato o gianduia”.

Quindi, Guido fa notare un aspetto:

“In quegli anni, i giovani non bevevano alcol a dismisura come invece accadde oggi. Tra i ragazzi andavano forte i chinotti, le aranciate e la coca-cola. Anice e Marsala all’uovo, invece, erano i liquori preferiti dagli operai già alle sette di mattina, prima di andare a lavoro. Molto richiesti anche gli amari allungati con acqua, come il Cynar che chiedeva sempre il caro Camillo Marino. C’erano anche tanti brandy storici e oggi rarissimi, come Oro Pilla, 3 Valletti, Saint Honorè e Ten Fynsec, con la caratteristica bottiglia a forma di birillo. E come non ricordare l’amaro 18 Isolabella?”.

Anche i personaggi dello sport avevano gusti ben precisi. “Arcangelo Iapicca, quando entrava nel Bar Cammino, aveva il suo aperitivo preferito, ovvero l’intramontabile fluite di champagne, nella fattispecie Moet Chandon e Piper.

Antonio Pecoriello, ex presidente dell’Avellino, beveva solo caffè e raramente si concedeva un Aperol. Per quanto riguarda i cocktail, non erano così diffusi come oggi: Negroni, Bellini e l’immancabile Campari Soda erano più che sufficienti.

Molti professionisti della città erano soliti bere Cognac, Armagnac, Courvoisier, Martell, Remy Martin, prodotti ora non molto venduti. In effetti, oggi si beve di più e sono soprattutto i giovani che chiedono bevande alcoliche di tutti i tipi. Chi ha i capelli grigi ricorderà sicuramente l’amaro “Cora”, ormai introvabile, consumato puntualmente da uno storico artigiano del marmo della città. Anche il professore Giovanni Luongo ogni tanto si fermava al Bar Cammino, per bere una tazza di caffè”.

Prinz BrauCapitolo birre. Anche il modo di bere le bionde è cambiato. “Oggi ci sono tante etichette distribuite in quantità industriale. Anni fa, invece, Peroni, Moretti, Nastro Azzurro, Dreher e Prinz Brau si consumavano generalmente durante i pasti. La birra non faceva parte dell’aperitivo. Era un’altra epoca ed erano rarissime le risse nei bar causate dal consumo eccessivo di alcol”. Infine, Guido rammenta: “C’era una tradizione fissa degli avellinesi. Il 26 luglio, in occasione dell’Alzata del Pannetto in onore della Madonna, una provincia intera si riversava nella città per consumare la fetta di cassata o il classico spumone”.

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